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Terremoto in Emilia: non dimentichiamoli

143 ay önce

29 maggio - 29 giugno.

Il primo ricordo che ho di quel giorno è che finalmente mi era passata la paura delle scosse del 20 maggio e i giornali rassicuravano che c'erano state solo cinque scosse nella notte.

Ho aperto Stardoll e ho scritto il mio secondo articolo sul terremoto.
Ho premuto invio. Il letto ha iniziato a tremare.
Ho pensato a una leggera scossa, ma il letto non si fermava.
Ho pensato alle mie scale a chiocciola, in ferro e bullonate, e sono scesa di corsa.
Al piano terra mia madre, rintanata nell'arco della porta.
Il lampadario che ondeggia così forte da toccare il soffitto.
Poi il silenzio, quel silenzio irreale che spaventa.
Telefoni in tilt, ambulanze, protezione civile, vigili del fuoco, antifurti delle auto, grida.

È stata la mattinata più lunga della mia vita. Scosse, scosse, scosse. Ininterrotte.
Dalle 9 alle 13. Scosse. I vicini che gridano, le strade chiuse per far passare solo la protezione civile, elicotteri che dall'alto controllano i crolli...

Non ce la facevo a stare in casa e sono uscita. Ancora scosse, tutte superiori ai 5 gradi.
Le case che si muovono velocemente, gli alberi che ondeggiano come in un tornado, io che perdo l'equilibrio perché il cortile sussulta.
Crepe. Animali che scappano. Sirene.
Poi il silenzio. Quel silenzio che ora spaventa noi emiliani.
Per la prima volta ho avuto davvero paura.
Ma non abito sull'epicentro. La mia casa non è crollata. Nessuno si è fatto male.
Le lacrime scendono, ma noi siamo in piedi. Siamo vivi.
Questo è il momento di aiutare gli altri.
È passato un mese ma non vuol dire che sia finita.
Non dimentichiamoli.

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